(*) Dott. in Scienze Geologiche;
e-mail:
daniele.procaccianti@katamail.com
Introduzione
I
Monti Simbruini costituiscono
una delle maggiori dorsali
dell’Appennino centrale,
orientati grossomodo in
direzione NW-SE coprono un’area
di circa 150 Km2.
I
limiti indicativi dei Monti
Simbruini si possono
rintracciare :
-
Ad E con la Val Roveto, che
separa i Simbruini dalla
zona del Fucino e dalla
provincia aquilana
-
A S con il percorso del
fiume Aniene, che segna
anche il passaggio più a SE
coi Monti Ernici, e più ad W
coi monti Ruffi.
-
A N e a NE con i percorsi
dei fiumi Liri ed Imele.
Le rocce affioranti nell’area in
questione testimoniano le
complesse vicissitudini che
hanno interessato i Monti
Simbruini a partire dai lontani
tempi geologici del primo
Mesozoico. La varietà delle
formazioni presenti indica una
storia geologica abbastanza
complessa, sia per quanto
riguarda l’aspetto sedimentario
ed il relativo inquadramento
geodinamico dell’area, sia per
quanto riguarda le tematiche
legate ai movimenti tettonici
che hanno interessato la zona e
che hanno comportato la
costituzione della dorsale ed il
suo aspetto attuale.
STRATIGRAFIA DEI SIMBRUINI
La stratigrafia è una branca
della Geologia che si occupa di
studiare le caratteristiche e le
relazioni spaziali e temporali
che intercorrono tra le varie
formazioni litologiche presenti
in un particolare territorio.
Avvalendosi di altre discipline
quali la geochimica, la
sedimentologia o la
paleontologia, la stratigrafia
ci mette nelle condizioni di
riconoscere la scansione
temporale degli eventi geologici
che hanno riguardato una
determinata area.
Le rocce affioranti all’interno
del territorio dei Simbruini
danno utili indicazioni per la
ricostruzione degli ambienti
sedimentari esistenti all’epoca
della loro formazione, la
maggioranza di queste rocce sono
di natura carbonatica
(costituite quindi
principalmente da carbonati) ed
in particolare vi è una evidente
abbondanza di calcari e dolomie;
in modo subordinato sono anche
presenti travertini e litologie
marnose ed argillose.
La successione stratigrafica
predominante nella zona dei
Monti Simbruini è quella che va
sotto il nome di “serie laziale
- abruzzese” (Fig. 1), una
successione marina prettamente
carbonatica di migliaia di
metri di spessore sviluppatasi
all’interno di un margine
passivo subsidente a partire dal
primo Mesozoico fino al Miocene.
La successione presenta in tutta
l’area una mancanza di sedimenti
rappresentativi di un intervallo
di tempo che va da 65 a circa 20
milioni di anni fa circa
(lacuna stratigrafica
paleogenica) e prosegue poi
verso l’alto con litologie più
terrigene indicanti un ambiente
sedimentario ed un contesto
geodinamico del tutto differenti
rispetto al Mesozoico.
La quasi totalità dei carbonati
presenti nella successione
stratigrafica sono stati
generati sul margine meridionale
delle acque della Tetide,
l’antico oceano che durante
tutto il Mesozoico separava il
margine europeo (più a N) dal
margine della placca di Adria
(un promontorio settentrionale
della più estesa placca
Africana).
Le più antiche rocce affioranti
dell’intera serie sono presenti
nell’area di Filettino (nelle
zone adiacenti alle sorgenti
dell’Aniene) e vanno sotto il
nome di “dolomie di Filettino”;
tali rocce sono le più antiche
rintracciabili in tutto
l’Appennino centrale e risalgono
a qualcosa come 230 milioni di
anni fa circa: tutto ciò
testimonia per quest’area una
zona di forte culminazione
strutturale.
Proseguendo verso l’alto della
successione, cioè spostandoci
verso tempi geologici più
recenti, segue una monotona e
continua serie di litologie
carbonatiche che si sviluppa per
centinaia di metri di spessore,
denotando condizioni di
piattaforma carbonatica
subsidente. La porzione di
successione stratigrafica in
questione riflette per tutto il
Mesozoico condizioni di
piattaforma carbonatica interna
stabile, con associazioni
faunistiche indicanti clima
tropicale rintracciabili nei
calcari a Paleodasycladus e nei
calcari a rudiste (tipici
bivalvi del Cretaceo superiore
costruttori di barriere).
Successivamente all’estesa
lacuna stratigrafica del
Paleogene si riconoscono
all’interno della successione
condizioni di rampa carbonatica
di tipo temperato,
caratterizzata da calcareniti e
carbonati con frequenti
bioclasti di echinodermi e
pettinidi; tutti elementi
rintracciabili principalmente
nella formazione dei “calcari a
briozoi e litotamni” del Miocene
medio.
In seguito, a partire cioè dal
Miocene superiore, si assiste ad
un progressivo annegamento della
piattaforma carbonatica segnato
principalmente dalla comparsa di
litologie più marnose quali le
“Marne ad Orbulina” ed i flysh
seguenti, testimonianza di un
mutato contesto geodinamico
all’interno dell’area.
Nel territorio dei Simbruini
sembrano prevalere i termini
cretacei della serie, ed in
particolare delle facies che per
tutto il Cretaceo indicano per
quest’area condizioni di
piattaforma interna,
caratterizzata quindi da fanghi
carbonatici e frammenti di
organismi costruttori di
barriere come le rudiste,
organismi che svolgevano nel
lontano Cretaceo superiore un
ruolo simile a quello degli
odierni coralli.
Fig. 1 – A sinistra è
rappresentata la serie laziale -
abruzzese completa; a destra,
non in scala, la successione
stratigrafica tipica dei Monti
Simbruini (da Guide geologiche
regionali “Il Lazio”
ASSETTO TETTONICO DEI
SIMBRUINI
La tettonica è un ramo della
geologia che si occupa, cercando
di investigarne le cause, della
struttura e delle deformazioni
delle rocce che costituiscono la
crosta terrestre ed in
particolare della giacitura e
delle dislocazioni che queste
possono aver subito nel tempo.
In via generale le rocce
sottoposte a stress tettonici
reagiscono in due modi opposti:
in maniera duttile (deformandosi
in modo plastico), o in maniera
fragile (rompendosi lungo
superfici ben delineate);
nell’area dei Simbruini sembra
prevalere il secondo tipo di
deformazione.
Numerose sono infatti le faglie
e le dislocazioni tettoniche
rintracciabili nella zona sia
tramite foto aeree ed immagini
satellitari, sia attraverso una
osservazione diretta sul campo;
proprio queste faglie sono le
testimonianze più evidenti dei
movimenti tettonici responsabili
della strutturazione dell’intera
catena appenninica e delle
deformazioni permanenti che
osserviamo ancora oggi.
La disposizione generale delle
unità tettoniche presenti
nell’area simbruina è quella di
una serie di scaglie
accavallatesi una sull’altra
verso NE, seguendo uno schema di
thrust embricati est-
vergenti a basso angolo la cui
superficie d’inviluppo più
esterna è rappresentata dalla
linea della Val Roveto.
Attraverso accurati studi di
carattere paleontologico,
stratigrafico e strutturale che
hanno permesso la datazione dei
depositi sin-orogenici
affioranti nell’area, è stato
possibile anche risalire alla
cronologia degli eventi
tettonici che hanno costituito
questa porzione di Appennino
centrale. Studi recenti
attribuiscono al periodo del
Miocene superiore (in
particolare nel Messiniano) i
movimenti tettonici responsabili
della costituzione dei Simbruini.
Tali processi sembra abbiano
agito secondo un modello di
migrazione verso E dei moti
compressivi in relazione
all’arretramento nella stessa
direzione della placca adriatica
in subduzione.
Successivamente alla fase
compressiva ascrivibile al
Messiniano (da 7 a 5 milioni di
anni fa circa) la zona in
questione è stata interessata da
movimenti tettonici di tipo
distensivo (quindi opposti
rispetto ai precedenti) ed anche
trascorrente, i quali hanno
contribuito a complicare sia
l’assetto generale della
dorsale, sia i successivi
tentativi di ricostruzione della
situazione originaria.
Una tale distribuzione e
sviluppo dei movimenti tettonici
hanno quindi determinato
nell’area in esame una
disposizione delle discontinuità
tettoniche principalmente in
senso appenninico (NW-SE), anche
se non mancano dislocazioni
orientate pure in senso opposto
e meridiano (N–S). In
particolare le discontinuità
tettoniche più antiche, cioè
quelle di tipo compressivo,
appaiono più frequentemente
disposte secondo l’asse NW–SE;
le dislocazioni successive
sembrano orientate
preferibilmente secondo assi
meridiani ed appenninici. Le più
recenti deformazioni a carattere
trascorrente hanno agito in modo
preferenziale lungo assi E-W e
perpendicolari, determinando
quindi anche rotazioni dei
blocchi precedentemente
fagliati.
Ringraziamenti
Lo scrivente desidera
ringraziare lo Shaka Zulu Club
di Subiaco ed in particolare
Elia Mariano per la
disponibilità dimostrata; per
qualsiasi informazione o
chiarimento riguardo la
relazione ci si può rivolgere
all’indirizzo di posta
elettronica
daniele.procaccianti@katamail.com